Menu Chiudi

Raggiunta l’intesa tra Pdl di Pepe e i centristi Udc

L'apparentamento Pdl-Udc s ifarà. E così la continuarono a chiamare vecchia, cara irrinun­ciabile Cdl. Qualcuno l'aveva traslocata nella cantina della malinconia, con un pizzico di no­stalgia e qualche rammarico; ieri mattina le trattative per le alleanze tra le delegazioni Ude e Pdl l'hanno rispolverata, sancita, sigillata.
A breve la firma. Non c'è – stando alle indiscrezioni­solo una apertura negoziale, ma anche una intesa strategica tra Pepe e Santaniello. A breve po­trebbe essere sottoscritto anche un accordo ope­rativo in sede di ballottaggio che potrebbe pren­dere un'altra piega sulla strada del rilancio della coalizione del centrodestra con quotazioni in ribasso al cospetto della coalizione di Paolo Cam­po. Potrebbe dunque cambiare la scena, almeno in termini numerici percentuali con l'apparenta­mento: quel 15 per cento portato da Enrico San­taniello è un valore aggiunto che sommato porta la coalizione del centrodestra ad un 53per cento di notevole spesso, anche se, i ballottaggi vestono i panni diversi dal primo turno. Il filo della pazienza e il mastice della me­diazione ha portato alla al- – leanza Pdl-Udc- Rosa bian­ca e Destra auspicata, an­che dalla base degli ex for­zisti oltre che dalle segre­terie politiche dei partiti dell'arco del centrodestra . C'erano un paio di rischio da bandire: uno che un mancato apparentamento avrebbe potuto incidere sul­la rincorsa, l'altro che il centrodestra non aveva fat­to il possibile. Rincuorato e attratto colui che vestiva i panni fino a qualche giorno fa del «parente scomodo», quel Santaniello che con ogni probabilità lascerà l'incarico di consigliere re­gionale per approdare eventualmente a Palazzo Dogana con una promessa di rivestire in caso di vittoria i panni di presidente del consiglio. Tra i «purchè non si dica», c'è anche la dote di un paio di assessorati. Per il resto Antonio Pepe, il notaio moderato, come al solito chiamerà chi sa. Ha già in mente la sua squadra, l'avrebbe potuta rivelare già prima del ballottaggio, ma non se l'è sentita di impelagarsi in discorsi di gestione molto simili ad un azzardo. Lungi da lui i rischi di responsabilità, ma don Antonio lo si conosce com'è fatto, base per altezza…Il resto è top secret, che non filtra dalle segrete stanze dopo sei lunghe ore (quattro al mattino, due al pomeriggio) di conciliaboli e trattative, intese e anche scontri non certo sull'accordo po­litico, ma sulla gestione che verrà. Poi tutto è sembrato ricomporsi. Le tre maggiori coalizioni di centrodestra di dintorni (Rosa bianca, Destra, Forza Nuova) ritrovano l'unità, dopo una prima fase in cui ciascuna aveva corso misurando le proprie capacità con i rispettivi candidati, da Pepe a Santaniello ad Agostinacchio e lo stesso Niglio dimessosi l'altro giorno da segretario di Forza Nuova, come per altro annunciato. Sembra proprio certo quindi che Antonio Pepe avrà un compito di guidare una nuova compagine che vede riunita la vecchia Cdl, primo esperimento in tal senso del dopo elezioni politiche e forse grande banco di prova e laboratorio per ciò che potrà accadere a livello locale nei prossimi anni. Il risultato dell'apparentamento è stato il frutto di una- espressa volontà di Pepe di lavorare fino all'ultimo per ridare una chance al centrodestra nel suo complesso e quindi metterlo in pista in una battaglia elettorale alle provinciali. Altro dato significativo è che Foggia città ritrova la sua unitarietà di rappresentanza: è evidente che il frazionamento del primo turno era stato anche la causa della mancata elezione dei consiglieri pro­vinciali del capoluogo troppo divisi e numerosi. Con questa mossa il capoluogo diventa centrale e soprattutto Foggia potrà essere decisiva per le elezioni del nuovo presidente provinciale. La som­ma dei voti di tutto il centrodestra è quasi del 57 per cento, un dato che però non mette al riparo Antonio Pepe che invece dovrà essere valutato in sede di secondo turno dove la propensione al voto è mediamente più bassa e quindi l'affluenza ridotta. Non c'è ancora nulla di certo ma la squadra di Pepe, potrebbe essere composta in buona parte da esterni, tecnici di spessore; difficile che possa esserci spazio per un Carmine Stallone da riesumare nella carica di vice presidente, così come paventato. Pare che al riguardo vi sia stata una virata. Qualcuno deve aver considerato l'inopportunità di riproporre l'ex presidente in una veste diversa e in uno schieramento opposto a quello di cui faceva parte. La questione resta sul tappeto alla vigilia di un ballottaggio che per il centrodestra acquisisce un valore che deborda –    dalla semplice sfida poli­tica: c'è in ballo la con­quista di Palazzo Dogana, da decenni appannaggio del centrosinistra. E per Paolo Campo che proprio a Foggia era riu­scito a sfondare raccoglien­do più voti di Pepe (forse era questo il dato più signifi­cativo in chiave ballottag­gio) ora comincia un'altra storia, alle prese con altre strategie. Il sindaco man­fredoniano dovrà riconqui­stare prima del ballottag­gio consensi in quelle piaz­ze in cui s'aspettava un coefficiente diverso, a par­tire da Cerignola, San Se­vero e nella sua stessa Manfredonia. L'appa­rentamento Pdl-Udc pone la contesa in una ottica diversa. Perchè se fino a ieri Foggia sembrava più «Manfredoniana» con i manfredoniani che erano riusciti ad essere più r foggiani (metafora in chiave elettoralistica) in considerazione del voto, oggi la scena si presenta in maniera un tantino diversa, considerando che la partita si gioca a Foggia. Il Santaniello ago della bilancia non se l'è sentita di ascoltare e cedere alle lusinghe Pd, rimanendo coerente alla tradizione del suo elet­torato di ispirazione di centrodestra. Nella par­tita dell'apparentamento con i centristi un ruolo decisivo avrebbe potuto giocarlo Angelo Riccardi, in considerazione dell'amicizia con l'esponente di punta dell'Udc. In ballo ci poteva essere di tutto.' dalla concessione di una delega importante (am­biente o cultura) o una ipoteca sulla candidatura a sindaco di Santaniello nella tornata alle co­munali l'anno prossimo. Una partita con troppe «cambiali» e «ipoteche speciali» sulle quali nes­suno (nemmeno Pepe nè tantomeno i vertici ro­mani e regionali) se l'è sentita di apporre an­zitempo una firma di garanzia. C'è un dato che balza evidente alla vigilia di questo ballottaggio: la conquista di Palazzo Do­gana diventa probabilmente oggi più ossessiva e importante per Campo che non per Pepe che ha una opzione alla Camera. L'ossessione si dilata nel Golfo dove la priorità di una vittoria met­terebbe tutti al riparo nei ruoli fin qui rivestiti. Diversamente il gioco di architravi politiche po­trebbe crollare, come i progetti e i sogni di so­pravvivenza. Un risultato insoddisfacente tra­volgerebbe tutti, ma proprio tutti…
Ernesto Tardio