Aria di polemiche. Crescono le frange di scontento. Via ai processi nel PDL
Tonino Pepe. l’alchimia del potere e l’arte del rimedio. Dinanzi a se la quadratura di un cerchio per la difficile composizione della squadra alla Provincia e l’assedio dei partiti. «Mi serve un imbuto», sembra ripetere a se stesso. Chissà se di tanto in tanto rimpiange l’altra specchio, quello che gli scorre in parallelo, il respiro che ha accanto, l’aula della Camera. La ventiquattr’ore sotto il braccio, la cartellina degli appunti, il discorso una tantum, il voto sugli emendamenti, la campanellina. Il confronto scenico – con tutto il rispetto per chi ha messo su questo umanissimo, talk show – ma nulla può surrogare l’immagine parlamentare, le scene solenni. La Provincia è tutt’altra cosa, e questo Antonio Pepe l’ha capito ancor prima di cominciare. Antonio missionario nella giungla. «Vieni vieni, così capisci cosa significa camminare sui carboni ardenti», gli dicono «Vediamo come te la cavi». A un mese dalle trattative per l’esecutivo, manca sempre un pizzico di prezzemolino per non guastare la minestra, con la speranza che non sia insipida, come si rischia. I decreti di nomina non sono stati ancora firmati, il 29 si va in consiglio con ritardo, il cerchio non ancora si chiude, i partiti in fibrillazione, tutti contro tutti. La crisi prima di cominciare tra aspirazioni e corse alle poltrone. In An chi ha detto che l’ala Ruocco debba uscire vincitrice? Nell’Udc chi ha detto che l’ala Santaniello debba issare il vessillo. Due nomi della giunta non ancora definitivi, qualcuno corre rischio di un ribaltamento, una uscita anzitempo cerchiata di rosso. Nell’Udc Santaniello- Marinacci in contesa, più il secondo che il primo appare agguerrito. Non si esclude una ipotesi di una staffetta, con Santaniello a cominciare alla presidenza del consiglio e Marinacci a proseguire da qui a un anno, quando l’Enrico dei suffragi correrà per il Comune. Nel Pdl intanto via ai processi: oggi a Lesina incontro tra iscritti, sott’accusa Morra. Nel frattempo si corre in rischio di impelagarsi in fuochi di paglia. Sorridono coloro che avevano etichettato don Antonio pepe, come «in bambagia», il corredino della Camera che odorava sempre d’incenso, lo stato in giacca e cravatta. Il discorso Provincia si pone in una chiave eminentemente politica: «Risolveremo presto: anzi, ho già risolto», dice a mezza voce Pepe. «Baruffe normali quando ci sono in gioco legittime aspirazioni», minimizza Franco Di Giuseppe, dell’Udc, la concorrenza nella sua squadra. «Alla fine si farà quello che dirà il partito, e non è detto che le nomine sono eterne». Da qui l’ipotesi di una staffetta Santaniello-Marinacci. E allora perchè sbraitare? Pepe ha scelto la strada della cuginanza, i coefficienti di fedeltà e affidabilità, lasciando a spasso la consapevolezza di doversi muovere in un quadro di realistiche compatibilità. Ora gli vogliono far pagare il reato di leso partito, il giudizio morale gli viene dalla critica militante. C’è chi avrebbe voluto una giunta cannibalizzata dal Pdl. Ma la rivendicazione delle poltrone, suvvia, non può essere il massimo dell’enfasi. Oddio, don Antonio si è caricato di qualche anomalia, una giunta da tutti considerata un tantino al ribasso. De Monte resterà? E Leo Di Gioia è intoccabile? E Corrado Magistro? Di Grazia, ma è un attacco al presidente questo? Don Antonio potrà pure chiamare chi sa, o no?