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Provincia, pronti per l’imboscata (4)

Ed ora l’opposizione punta alla presidenza del consiglio provinciale. Lo scontro interno all’Udc tra Santaniello e Marinacci potrebbe favorire un rappresentante del centrosinistra che potrà contare su 12 voti e su quelli di qualche franco tiratore.

L’attenzione sulla formazione della nuova giunta alla Provincia di Foggia, la prima dell’era centrodestra dopo 60 anni di amministrazione di sinistra e centrosini­stra, ha distratto gli «addetti ai lavori» dall’elezione del presidente del Consiglio provinciale di Foggia, carica tutt’altro che di «parata» visto che governa eccome i lavori dell’assemblea provinciale. Sembrava fatta nel senso che dato per scontato il riconoscimento di quell’inca­rico all’Udc, tutti avevano pensato all’ele­zione di Enrico Santaniello (candidato pre­sidente dei centristi al primo turno elet­torale). Una indicazione che ha spinto pure il segretario del Partito democratico non­ché leader dell’opposizione a Palazzo Do­gana, Paolo Campo, ad annunciare una possibile «astensione». La «lite» interne all’Udc, con l’ex par­lamentare ed ora consigliere provinciale Nicandro Marinacci che ha messo sul piat­to della bilancia anche la sua candidatura, non fa solo aumentare la tensione interna ai centristi e alla coalizione, ma sta facendo cambiare idea anche all’opposizione di centrosinistra che, a questo punto, potreb­be giocarsi anche qualche carta in più per l’elezione del presidente del Consiglio pro­vinciale e non fare da semplice spettatrice alle vicende di una maggioranza che si è presentata a quest’appuntamento con una litigiosità imprevista il giorno dopo la vit­toria elettorale, al ballottaggio, il 27 e 28 aprile. Perché l’opposizione potrebbe inserirsi e come in questa storia, alimentando indi­rettamente la prima imboscata al governo di centrodestra guidato da Pepe? Per il semplice motivo che il centrosinistra potrà contare su dodici consiglieri e quindi su dodici voti: otto del Partito democratico; due del Partito socialista; uno dell’Italia dei valori ed uno della Sinistra Arcobaleno. Per eleggere il presidente del Consiglio provinciale servono ventuno voti al primo e al secondo turno, cosa impossibile da raggiungere in assenza di un’intesa del Consiglio e non della maggioranza di esso, così a meno di clamorosi colpì di scena il presidente potrà uscire fuori al terzo ten­tativo, quando basta la maggioranza dei voti. Con il centrodestra diviso, qualche «franco tiratore», assenze al momento dell’appello e perché qualche deluso dell’ultimo momento, ecco che quei dodici voti del centrosinistra diventano all’im­provviso un «bottino» da capitalizzare. E’ evidente che occorrerà poi fare i conti con il designato. Potrebbe essere espressione del Pd (Clemente, Prencipe, Angellilis?) o del Partito socialista (Lodispoto), di sicuro gli sconfitti al ballottaggio ci stanno pen­sando seriamente.