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Vieste/ Raduano, pm pronti a chiedere processo. E’ accusato di traffico di droga e armi. Detenuto dal 7 agosto quando fu fermato dai carabinieri su decreto della DDA.

I pm della direzione distrettuale antimafia di Bari si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio per traffico di droga e armi aggravato dalla mafiosità del boss Marco Raduano, viestano di 36 anni, in cella dal 7 agosto del 2018 quando fu fermato con altri tre compaesani dai carabinieri del nucleo investigativo di Foggia e dai colleghi della locale tenenza, su decreti della Dda. Raduano è ritenuto a capo dell’omonimo clan coinvolto nella sanguinosa guerra di mala finalizzata al controllo dei traffici di droga, che dal gennaio 2015 ad oggi ha contato 16 agguati con 10 morti ammazzati; 1 lupara bianca; e 5 tentativi di omicidio. Uno degli agguati falliti, quello avvenuto sera del 21 marzo 2018 in paese, vide vittima lo stesso Raduano ferito a mani e gambe dalle fucilate e mitragliate esplose da tre killer appostati nei pressi di casa: per quel tentato omicidio sono stati arrestati a inizio mese dalla Polizia nel blitz «Scacco al re» i cugini Claudio e Giovanni Innoli, ritenuti esponenti di vertice del gruppo rivale che sarebbe stato capeggiato da Girolamo Perna, ammazzato a 28 anni sotto casa lo scorso 26 aprile da un killer al momento ancora ignoto. Sono 4 gli indagati dell’inchiesta di Dda e Arma, cui i pubblici ministeri hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Raduano è detenuto nel carcere di Nuoro: difeso dagli avvocati Francesco Santangelo e Christian Caruso , dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ha chiesto d’essere interrogato dai pm, interrogatorio delegato alla Procura di Cagliari. Oltre a Raduano sono indagati Gianluigi Troiano, 26 anni di Vieste, detenuto ad Agrigento e difeso dagli avvocati Caruso e Federico Straziota; il padre Luigi Troiano, 56 anni, anche lui del centro garganico, a sua volta finito in carcere in occasione del blitz del 7 agosto di un anno fa e che poi ottenne i domiciliari (stessi legali del figlio); e Liberantonio Azzarone, 29 anni, viestano, nipote di Raduano, detenuto nel carcere di Voghera e difeso dagli avv. Santangelo e Caruso. Sono 6 i capi d’imputazione contestati dai pm Ettore Cardinali, Giuseppe Gatti e Luciana Silvestris a vario titolo ai 4 garganici: del più grave reato di traffico di droga rispondono Raduano, Azzarone e Gianluigi Troiano con l’aggravante sia dell’ingente quantitativo di sostanze stupefacenti sia della mafia, es¬sendosi avvalsi del metodo mafioso. I 4 viestani sono poi indagati peri concorso nella detenzione ai fini di spaccio di 152 chili di marijuana, da cui si sarebbero potute ricavare oltre 805mila dosi, sequestrati dai carabinieri viestani il 15 ottobre del 2017 in località «Molinella». Raduano e il parente Azzarone rispon-dono anche della detenzione ai fini di spaccio di 818 grammi di cocaina (ricavabili 3959 dosi) sequestrati dai carabinieri il 30 marzo del 2018 in contrada «Palude Mezzane»; degli 814 grammi di cocaina (4161 dosi ricavabili), dei 18 chili di marijuana (35713 dosi ricavabili), e dei 6 chili e mezzo di hashish (43554 dosi ricavabili) sequestrati dai carabinieri il 3 maggio del 2018 a casa di un viestano, Giovanni Surano ritenuto legato al clan Raduano che fu arrestato in flagranza e per il quale c’è un procedimento a parte. Ancora Raduano e Azzarone rispondono anche di concorso nella detenzione dell’arsenale sequestrato sempre a Surano il 3 maggio di un anno fa: mitra «Kalahnikov Ak47» con silenziatore e due caricatori con 47 proiettili; un fucile a pompa calibro 12; e due pistole semiau-tomatiche marca «Beretta» calibro 9×21 (una rubata e l’altra con i numeri di matricola limati). Raduano risponde poi, in concorso con Gianluigi Troiano, di una seconda imputazione di porto illegale di una pistola, nascosta di un albero; e infine anche di aver violato la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in paese cui era sottoposto nel 2018 (sino alla data del fermo datato 7 agosto di un anno fa), per aver guidato una «Audi» nonostante la sospensione della patente; e per aver commesso i reati oggetto dell’inchiesta. gazzettacapitanata