Licenziata dai Frati Minori Cappuccini della Fondazione Voce di Padre Pio, ma reintegrata dal Tribunale di Foggia, sezione Lavoro, con una ordinanza del giudice Monica Sgarro. Protagonista della vicenda, che forse avrebbe ispirato una novella per il Decamerone a Boccaccio, Maria Grazia Dragano, difesa dagli avvocati Marcello D’Aponte, Stefano Martone ed Ottavio Pannone. La sua colpa, a detta della Fondazione – così grave da renderla meritevole di perdere il posto di responsabile commerciale – sarebbe stata quella di avere indotto una sua collega A.S. ad andare a Roma il 15 dicembre 2018 per consegnare alla Casa generalizia un esposto sulla relazione sentimentale che la collega stessa aveva intrecciato con frate S., il quale ha occupato incarichi di primissimo piano in seno alla Fondazione.
L’iniziativa di Dragano – secondo la tesi presentata in Tribunale dai Cappuccini – sarebbe stata determinata dal rancore che nutriva verso il sacerdote a causa dello stringente controllo sul suo lavoro che il frate aveva deciso di attuare. Il magistrato Sgarro non ha, però, ritenuto che le argomentazioni difensive inoltrate dalla Fondazione Voce di Padre Pio fossero adeguate a giustificare il licenziamento. La decisione si poggia su varie argomentazioni.
La prima è che la scelta della donna che aveva una relazione con il frate di denunciare tutto ai superiori del medesimo a Roma sarebbe stata una sua iniziativa autonoma, in nessun modo riconducibile all’intervento di Dragano. «Non emerge – recita un passo dell’ordinanza – l’esistenza di un vizio del consenso o di una causa di incapacità di intendere e di volere di A.S. tale da incidere negativamente nella sua libera determinazione sia di recarsi a Roma sia di presentare la denuncia in ordine alla relazione sentimentale intercorsa con frate S.».
Neppure ha convinto il magistrato la tesi presentata dai legali della Fondazione secondo la quale quest’ultima non sarebbe assoggettabile alla disciplina dello Statuto dei lavoratori in quanto priva dello scopo di lucro. Al contrario, rileva il giudice Sgarra, «essa è legittimata dal suo Statuto e dalla visura camerale a svolgere attività commerciali ed accessorie. Può gestire la commercializzazione di tutti i prodotti (libri, video, cd , statuette, immagini, foto) direttamente o per il tramite di terzi.
Può, inoltre, partecipare a società di capitali». Maria Grazia Dragano si appresta, dunque, a tornare nel suo ufficio. Ritroverà la sua collega A.S., ma non il frate che aveva una relazione con quest’ultima e che, nel frattempo, si è dimesso dal consiglio di amministrazione.
Fabrizio Geremicca
corrieremezzogiorno