Il primo risultato portato a casa è evitare il taglio degli organici, nonostante 10 mila alunni in meno per il prossimo anno. Lasciare invariato il numero dei docenti – 45 mila già in cattedra tra stabili e precari – servirà per ora a eliminare al primo anno la formazione di “classi pollaio” e a potenziare il tempo pieno. Per mantenere le distanze di sicurezza in aula, però, non basta. Non a caso tra le ipotesi sul tavolo nazionale, c’è il ritorno a scuola a settembre con i doppi turni, mattina e pomeriggio.
Una prospettiva non facilmente praticabile: se gli spazi rimangono gli stessi non resta che dividere in diversi gruppi gli alunni della medesima classe. «Servirebbero quindi molti più docenti, forse il doppio. O almeno un terzo in più», è la conclusione logica dei sindacati Cgil, Cisl e Uil scuola, che ieri hanno incontrato (virtualmente) l’Ufficio scolastico regionale per la consueta ripartizione degli organici. La traduzione in numeri dal ragionamento fa impressione: se davvero la soluzione per rientrare in aula sono i doppi turni, occorre reclutare in Puglia da 20 mila a 40 mila docenti in più, per portare supporto ai 45 mila già disponibili.
La discussione sul personale quest’anno diventa cruciale nella rivoluzione della didattica, resa obbligatoria dall’emergenza Coronavirus. «Serve un investimento ingente, il più importante nella storia della scuola italiana», non usa mezze misure il segretario regionale della Flc Cgil, Claudio Menga, che invita le singole regioni a evitare fughe in avanti. Menga stima in 180 milioni di euro l’importo per fare fronte agli sforzi straordinari che la scuola dovrà affrontare: una cifra proporzionale ai 3 miliardi chiesti dai sindacati per tutta Italia.
Nella trattativa si parte da alcuni dati certi. Il segretario della Cisl scuola, Roberto Calienno, tira un sospiro di sollievo per avere scongiurato il taglio di 822 posti in organico (secondo una proiezione del sindacato) determinato dal crollo di 10550 iscritti. «Attualmente abbiamo più di 27mila classi, con un rapporto di 20.73 alunni per classe – conferma Calienno – Se fossero stati tagliati 822 posti, avremmo perso circa 500 classi: praticamente un docente per scuola». Il taglio scongiurato avrebbe fatto esultare in un momento normale. E’ solo una goccia nell’oceano, però, per rispondere allo tsunami Coronavirus.
Mantenere un metro di distanza nelle classi “pollaio” con 25 o 27 alunni è impossibile. L’ipotesi più accreditata oggi sembra essere il rientro in aula per turni (mattina e pomeriggio) e alternando la didattica in presenza con quella a distanza. Sui calcoli del personale i sindacati sono
quindi concordi. In servizio in tutti gli ordini di scuola al momento ci sono quasi 46mila docenti. Garantire il distanziamento sociale significa dividere gli alunni, moltiplicare le classi e l’impegno di maestri e professori. L’organico aggiuntivo diventa dunque fondamentale: puntare al raddoppio (arrivando a 70 o 80mila unità) sarebbe auspicabile, ma sembra irrealistico.
«Non dobbiamo procedere per slogan, bisogna fare i conti con la realtà», insistono i sindacati, secondo cui il rinforzo minimo per rivoluzionare la didattica nell’emergenza Covid è stimato in un terzo dell’attuale corpo docenti (20mila nuovi prof). Un’operazione che dovrebbe passare attraverso i concorsi o il riconoscimento del lavoro fatto dai precari di lungo corso.
«Intanto vanno subito affrontati i problemi che già stiamo riscontrando», è l’allarme di Giovanni Verga, segretario della Uil scuola, che ha messo a punto una precisa indagine coinvolgendo 5mila famiglie pugliesi, dalla quale emerge che la percentuale delle famiglie che non ricevono video-lezioni è del 14 per cento nell’infanzia, 10 nelle primarie e 7 nelle medie inferiori, nella metà dei casi per assenza di device.
«Colpisce anche la percezione delle famiglie sugli effetti della didattica a distanza – continua Verga – visto che il 27 per cento ritiene che la didattica a distanza riesca a condizionare il pensiero critico dei propri figli».
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