Il Gargano presenta ancor oggi delle nette caratteristiche che lo distinguono dal resto dell’Italia. L’isolamento in cui è rimasto per molto tempo ha lasciato una traccia nella sua immagine di terra solitaria, che presenta ancora la possibilità di fare delle piacevoli scoperte, in attesa di un decollo turistico realizzatosi purtroppo solo in parte.
Una efficace fotografia di questo Gargano sospeso tra passato e futuro si ritrova già in un elzeviro pubblicato 70 anni fa, intitolato Luoghi per solitari. L’autore è un giornalista che nel Novecento ha goduto di una larga fama, per poi finire in un ingiusto oblio. Ci riferiamo a Giovanni Battista Angioletti. Nato a Milano nel 1896, Angioletti viene di solito inquadrato in un clima rondista, tipico degli anni Trenta, caratterizzato dall’amore per una narrativa liricheggiante, evocativa. Direttore della rivista La fiera letteraria, dopo la fine della Seconda guerra mondiale ha lavorato tra
l’altro al Terzo programma radiofonico. Nelle vesti di segretario nazionale del Sindacato scrittori, poi, ha creato la Comunità europea degli scrittori, cercando di realizzare il sogno di una unione capace di travalicare frontiere e ideologie. Come scrittore, inoltre, Angioletti si è aggiudicato nel 1949 il premio Strega, con l’opera La memoria e nel 1960 il premio Viareggio, con I grandi ospiti.
Luoghi per solitari appare il 30 agosto 1950 sulle pagine della Stampa di Torino. Il Nostro giunge sul Gargano in un’epoca difficile, a pochi anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. La povertà si tocca ancora con mano e ovunque ci sono moti di rivolta, che hanno non di rado un esito cruento. È una situazione delicatissima, com’è noto, che renderà obbligatorio il ricorso massiccio all’emigrazione.
L’occasione per recarsi nell’«antico Gargano», come si legge nell’occhiello, è offerta da una sagra popolare che si tiene nella Foresta Umbra, alla presenza di varie autorità. Alcuni giovani, però, protestano, chiedono acqua e strade, ricordando resistenza di atavici problemi, rimasti irrisolti, malgrado le aspettative. I politici di turno fanno valere la loro eloquenza, dando delle assicurazioni, ma i giovani vanno più al sodo. Sullo sfondo, c’è l’aspirazione a rendere il Gargano una meta turistica di grande richiamo, portando finalmente del denaro sullo Sperone, utilissimo per lo sviluppo.
Chi ha ragione? Angioletti ironizza sull’eloquenza parolaia dei politici di ogni tempo, ma anche le richieste dei giovani meritano qualche precisazione e approfondimento. Il suo ragionamento, alla fin fine, non fa una grinza e appare ancora attuale.
Ben vengano le strade e l’acqua, per porre fine agli scempi che si ritroveranno descritti, di lì a qualche anno, in un libro come II cafone all’inferno di Tommaso Fiore. Da Peschici a Monte Sant’Angelo le caverne abitate gridano vendetta, e a nulla serve far finta di non vederle. Ma per ottenere un flusso turistico significativo bisogna lasciare al Gargano le sue peculiarità paesaggistiche. L’idea di chi punta sic et simpliciter alla sua omologazione con le zone più visitate e richieste d’Italia è sbagliata. Tra la copia e l’originale, il turista sceglierà la seconda, dunque continuerà a recarsi nelle solite località alla moda. Di qui la necessità di creare una realtà turistica alternativa, basata sulla ricerca della tranquillità e della bellezza, che troverà sempre degli estimatori: «In un mondo dove ogni viaggio sta per diventare banale, senza più l’ombra di un’avventura che non sia quella prodotta dalla dissennata smania di superare in corsa le macchine che ci precedono, e dove ogni sosta sembra uguale all’altra… molti saranno gli insoddisfatti, gli spiriti indipendenti che vorranno trovare qualcosa di nuovo, di diverso, di puro o di non troppo educatamente pittoresco».
Ad Angioletti, dunque, il Gargano degli anni Cinquanta appare stupendo e affascinante, con dei paesaggi incantevoli, mentre non garantisce su quello del futuro. Anzi, il futuro per lui rappresenta una minaccia, come afferma esplicitamente nel finale: «Per quel che vale, non ci stancheremo di raccomandare agli amici di andar sul Gargano: sul Gargano di adesso, s’intende, non quello che, a quanto si minaccia, diventerà domani».
Da allora in effetti si sono registrati molti cambiamenti. L’emigrazione ha colpito duramente i paesi della zona, mentre ovunque ha dilagato l’abusivismo edilizio e sono nate, in modo disordinato, delle strutture turistiche. Eppure, a ben guardare, il Gargano, pur con tutti i suoi limiti, resta ancora una sorta di frontiera moderna, una risorsa per il turista intelligente e attento, che non voglia solo dedicarsi allo sballo. L’invito dello scrittore-giornalista, insomma, è attuale, sia pure in un contesto così diverso da quello originario.
FRANCESCO GIULIANI