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Dal modernismo del vecchio Cinema “Adriatico” al nichilismo del nuovo

Abbattuto il vecchio Cinema “Adriatico”, gran parte del popolo viestano si lasciò andare a manifestazioni di stupore, di meraviglia, di ammirazione per la riconquista, insperata ma provvisoria, di uno dei tratti costieri più attraenti dell’intera costa adriatica.
     In una calda sera del luglio 2003 con un volantino distribuito in mille copie, convinti dell’inestimabile valore culturale del luogo, osammo chiedere il recupero dell’area ai fini di conservare intatto il rilevante patrimonio ambientale, paesaggistico, architettonico e lo spostamento della nuova struttura, già progettata e appaltata, in un altro luogo.
     Sarebbe stata la prima volta che il nostro territorio, deturpato da decenni di speculazione edilizia, avvilito dai soliti interessi privati, afflitto da decisioni sbagliate prese da una classe politica spesso non all’altezza, venisse considerato come un bene primario di cui salvaguardare e tutelare le peculiarità.
     Restammo soli, anche divisi, per una battaglia che richiedeva forze titaniche e presi dallo scoramento rinunciammo a promuovere l’ennesima petizione.
Spesso inutilmente, in questi anni, ci siamo interrogati sulle motivazioni di quella chiara e percepita solitudine e sulle cause di quella dolorosa rinuncia ad agire.
Ed ecco la soluzione, improvvisa e sorprendente, materializzarsi sulla prima pagina de “Il Gargano Nuovo” di agosto con un articolo dal titolo “C’era il bello, una volta…..”
Ed è ad oggi l’unica delucidazione plausibile ed accettabile.
La nuova struttura è “un pugno nell’occhio” perché nulla si poteva e doveva realizzare in quel contesto storico e architettonico; nessun architetto in quell’area, ricca e pregiata così com’era, avrebbe potuto inserire una struttura moderna in armonia con passato e ambiente.
Si è voluto dimenticare la storia, negare le tradizioni, umiliare la natura, ferire il paesaggio con una struttura che sarebbe stata bellissima solo se posta in un contesto di edilizia nuova e moderna.
     “Dov’è Dio in questa nuova architettura?”, sembra chiedersi l’articolista. Perché Dio è nella storia, è nella tradizione, è laddove si rispetta l’uomo e il suo ambiente.
     Superare i limiti della natura umana, e le miserie e i mali da questi provocati, attraverso nuovi edifici che rinnegano storia, tradizioni, cultura, natura dei luoghi, sono d’accordo, è intellettualmente contestabile, confutabile, oppugnabile, certamente un rischio per il patrimonio culturale dell’umanità.
E’ nichilismo puro!
E perlomeno, ha ancora ragione il nostro informato e illuminato giornalista, “andavamo avvisati”.
L’Adriatico è la lezione definitiva affinché si possa ristabilire il buon senso e il gusto del “bello”a Vieste?
Sembra di no!
Giacché alla “Mancina”, a ridosso del mare, due parallelepipedi anonimi, informi,  grigi e dalla melanconica monotonia, più simili a scatole d’imballaggio, sono spuntati dal nulla con perfetta negazione del passato e decisa asimmetria rispetto alle forme geometriche naturali del luogo.
……tanto per non parlare del triste destino che incombe sulle Grotte di S. Nicola, autentico e non apprezzato luogo dell’anima del Meridione d’Italia.

Michele Eugenio Di Carlo