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4 DICEMBRE/ IL VUOTO

Con l’argilla bagnata si formano i recipienti; ma è il vuoto che è in essi a consentire la pienezza dei vasi. Col legno si costruiscono case, porte e fine­stre; ma è il vuoto che è in esse a rendere abitabili le dimore. C’è la parte vi­sibile dell’utilità; ma l’essenziale rimane invisibile.

LAOTZU

È forse una delle riflessioni più note del Tao-te Ching («Libro del Principio e della sua virtù»), opera affascinante e sfuggente di Laotzu, semileggendario maestro cinese del VI o V secolo a.C. Questa celebrazione del vuoto ha paradossalmente una sua pienezza, come suppongono appunto le immagini evocate: è, infatti, il vuoto dei re­cipienti a essere utile ed è lo spazio interno a una casa a costituire la realtà vivente delle presenze umane. Anche il vuoto della cassa ar­monica del violino è fondamentale per lo splendore del suono.

Ecco, allora, una conclusione che si può declinare in tante forme. Innanzitutto, ciò che è pieno non può accogliere altro: l’egoista o il superbo, colmi di sé, rimangono isolati da Dio e dagli altri. Ma c’è anche un’altra considerazione tipicamente cristiana: il Figlio di Dio – osserva san Paolo – si è «svuotato» (in greco ekénosen) della sua di­gnità non solo per essere vicino a noi, ma per diventare uno di noi, fragile e mortale come lo è l’uomo. Ecco, allora, la via dell’umiltà, del distacco, della lievità interiore che ci libera da ogni peso di pote­re e di cose. Infine c’è un’altra osservazione, ed è quella sottolineata da Laotzu: «L’essenziale rimane invisibile». Ad attirare è la bellezza delle forme di un’anfora o la nobiltà d’un’architettura; ma la funzio­ne che le rende preziose per la vita è celata al loro interno. È nel se­greto della coscienza che si annida la grandezza dell’uomo.

Gianfranco Ravasi