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16 DICEMBRE/ QUATTRO OCCHI

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio / non già perché con quattr’oc­chi forse si vede di più. /Con te le ho scese perché sapevo che di noi due /le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, / erano le tue.

EUGENIO MONTALE

È il nostro Eugenio Montale, in questi versi così dolci scritti in memoria della moglie, a ricordarci quanto sia importante un amore vero. Si cammina insieme, anche su scale pericolose, ma è l’altro che ti dà sicurezza, anche se i suoi occhi sono più appannati dei tuoi. Ciò che conta, infatti, non è la vista fisica ma lo sguardo del cuore. La scena dei due coniugi anziani che reciprocamente si sostengono lun­go il pendio del tramonto ci fa pensare per contrasto a tante coppie fatte di persone che ormai sono sole e indifferenti l’una all’altra op­pure a chi non ha più nessuno al mondo.

Questi giorni che ci conducono al Natale e i successivi sono i più impietosi nel rivelare il dramma di famiglie lacerate o di solitudini dimenticate. Simone Weil ci ha lasciato sull’amicizia e sull’amore una meditazione «trinitaria», pur essendo la scrittrice di fede ebraica: «L’amore puro è un’immagine dell’amore perfetto e originario della Trinità, essenza stessa di Dio. È impossibile che due esseri umani sia­no uno eppure sappiano rispettare la distanza che li separa: questo, invece, accade se Dio è presente in ciascuno di loro». Dio, infatti, è imo, eppure è ima trinità di persone ed è l’amore che le unisce, per­ché la divinità è amore, come ha insegnato san Giovanni. L’amore umano autentico è, allora, una grazia da implorare, un dono divino da invocare ed è una realtà delicata da custodire. Diceva Kafka all’a­mico Gustav Janouch: «Amore è tutto ciò che aumenta, allarga, arric­chisce la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le profondità».

Gianfranco Ravasi