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22 DICEMBRE/ IL CAMALEONTE E IL ROSPO

«Ognuno crede alle ragioni sue» disse il camaleonte; «io cambio sempre e tu non cambi mai. Credo che ci sbagliamo tutti e due.»

TRILUSSA

Abbiamo tradotto dal romanesco di Trilussa (1871-1950) alcuni versi di una sua nota poesia intitolata Er carattere. Il camaleonte, tipi­co emblema del trasformismo, si rivolge a un rospo, fisso nella sua identità non particolarmente esaltante. E come accade nelle favole, la morale è di facile comprensione e si attesta su uno scontato equili­brio tra i due estremi della fluidità incessante e della rigidità assolu­ta. Dicevo che questo equilibrio è «scontato»; in realtà è arduo prati­carlo, perché ci vuole sapienza e riflessione per intuire il tempo della fermezza e quello della duttilità, senza cadere nell’ostinazione o, al contrario, venir meno ai valori e ai principi.

Vorrei, però, porre l’accento sul tema che dà il titolo al testo del poeta romano, il carattere. Esso ci permette di ritornare sul discorso ma da un’altra angolatura. È curioso che in italiano «carattere» sia anche lo stampo che si usava in tipografia: è qualcosa che incide in modo permanente. È così che si parla di «uomo di carattere»: è colui che sa procedere nella vita con volontà, energia, coraggio, determi­nazione, tenacia, costanza e grinta. Valori preziosi in un mondo in­cline al compromesso, al patteggiamento, alla scusante. Tuttavia non aveva tutti i torti lo scrittore francese Jules Renard quando annotava nel suo diario: «Un uomo di carattere non ha un bel carattere». Spes­so, infatti, si tratta di un temperamento che è rigoroso nella tutela del proprio vantaggio, mentre è molto flessibile nei confronti dei princìpi che lo impegnano troppo. Per questo è necessario essere sempre sorvegliati e autocritici.

Gianfranco Ravasi